Una delle problematiche più complesse, per le imprese e le amministrazioni fiscali a più di vent’anni dall’introduzione del Mercato comune europeo, è quella di dimostrare l’uscita della merce dal Paese di partenza nel caso di cessioni avvenute all’interno della Comunità europea. Non essendo la fattispecie disciplinata dal legislatore, la competenza spetterebbe a ciascuno Stato, stanti i principi di proporzionalità e di tutela dell’affidamento.
Gli Stati membri, all’unanimità, hanno richiesto che fosse in capo alle autorità comunicato la definizione di quale possa essere la prova che dimostri l’uscita della merce dallo Stato di pertinenza. La Commissione europea ha sviluppato la sua proposta, che entrerà in vigore nel 2020, nell’ambito di altre richieste di modifica del sistema Iva.
Il Regolamento approvato, che esclude il concetto di “soggetto passivo certificato”, rafforza le prove necessarie a dimostrare la cessione comunitaria.
Il cedente deve portare due elementi di prova fra la CRM firmata, una polizza di carico, una fattura di trasporto aereo o una fattura emessa dallo spedizioniere. Un elemento di prova fra la polizza assicurativa relativa alla spedizione, documenti bancari che attestino il pagamento del trasporto, documenti emessi da una pubblica autorità o documenti di un depositario dell’altro Paese. Va inoltre allegata la dichiarazione del cliente al ricevimento della merce.
Nel caso in cui il trasporto sia curato dal cessionario, il Regolamento prevede come prova necessaria (ma non sufficiente), una dichiarazione con la quale il cliente certifica che la merce è giunta nel Paese di destino. Tale dichiarazione va rilasciata al cedente entro il 10 del mese successivo all’operazione.
Cessioni comunitarie, dal 2020 in vigore il Regolamento europeo
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